All’interno del bunker si contano cinque porte in ferro: tre, compresa la grande porta carrabile a due ante, dotate di guarnizioni in gomma antigas e di complessi sistemi di chiusura, ognuno diverso dall’altro. Queste tre porte possono considerarsi a tutti gli effetti "blindate". Ogni singola anta della porta carrabile realizzata in ferro riempito di cemento, pesa circa 1.800 chili. Dopo essere rimaste chiuise per più di 70 anni, anche le due ante della porta carrabile hanno lentamente iniziato a girare sui loro cardini: un'operazione paziente e complessa, frutto di ore di lavoro. Anche le altre due porte blindate sono state completamente liberate dalla ruggine, smontate pezzo per pezzo e minuziosamente rimontate, per essere oggi visibili completamente funzionanti.

Altre due porte, quelle di accesso alla vera e propria stanza rifugio, sono da considerarsi una seconda barriera contro i gas, sono più leggere nella struttura e dotate di un semplice sistema di chiusura a doppie leve, azionabile sia dall’esterno che dall’interno. Proprio queste ultime due porte conservano ancora la placchetta commerciale in metallo riportante il nome della ditta costruttrice: “Federico Bologna”.

La ditta dell’Ing. Bologna - specializzata nella fabbricazione di mobili in metallo e legno per uffici, casseforti e rifugi antiaerei - fu fondata a Roma nel 1936, con sedi principali al numero 344 dell’allora Corso Umberto (oggi Via del Corso) e, poco distante, a piazza Poli 42; aveva inoltre uno stabilimento per la fabbricazione dei mobili in via Santa Maria Ausiliatrice 5, un  laboratorio di falegnameria in via Bellani 41, nonché un’officina per la riparazione di casseforti in via di S. Teodoro 48. Nel 1944 l’Ing. Bologna ottenne l’autorizzazione ad aprire, presso lo stesso indirizzo, un ‘laboratorio esperimentale di apparecchi radio-terapia’.

Da un documento dell’anno 1941 si apprende che la ditta fu costretta - visto il ‘divieto di impiego del ferro e materiali ferrosi nella costruzione di mobili e di infissi (comprese le casseforti)’ - ad orientarsi verso ‘mobili in legno e materiali autarchici, in sostituzione dei modelli metallici’. ‘Dato … il maggior ingombro che tale sostituzione importava’, la ditta aprì un nuovo deposito in via di Pietra 75, a pochi metri dalla sede di Corso Umberto, che fungeva anche da locale espositivo. Tale divieto non impedì però l’esecuzione dei lavori effettuati presso il bunker.

Si possono soltanto formulare ipotesi circa i motivi del coinvolgimento della ditta in un lavoro così delicato, tale da richiedere la massima discrezione: difficilmente infatti l’incarico avrebbe potuto essere affidato in assenza di una salda base di fiducia tra committente e appaltatore, probabilmente istauratasi in occasione di precedenti lavori.

La ditta continuò la sua attività commerciale anche durante la prima fase post-bellica, con la realizzazione, fra gli altri, di allestimenti per i seggi elettorali nei Comuni. La cessazione delle attività avvenne il 31 gennaio 1953.

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